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Visualizzazione dei post con l'etichetta Valentina Trabucchi

A SCUOLA DI GENTILEZZA

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  Qualche giorno fa ho trovato in internet – da qualche parte, non mi ricordo nemmeno dove è saltato fuori - un brevissimo articolo su una scuola irlandese che al posto dei classici compiti delle vacanze di Natale, ha assegnato ai suoi studenti delle missioni di gentilezza da fare ogni giorno delle vacanze. Piccole cose, come per esempio chiacchierare con una persona anziana piuttosto che aiutare qualcuno della famiglia: azioni concrete, a misura di bambino, rivolte agli altri ma anche a sé stessi. L’iniziativa mi ha fatto sorridere e riflettere insieme: sorridere pensando alla bizzarria umana, che continuamente si avventura in situazioni alternative ed esperimenti geniali; riflettere, perché ne sono derivate una domanda e alcune considerazioni: dobbiamo davvero imparare la gentilezza? Non è qualcosa che l’uomo ha dentro di sé per natura, a partire da quando si è fanciulli? Sembra una domanda retorica ma non lo è, soprattutto quando, lavorando in contesti educativi, capita, a volte,

PERFEZIONE A TUTTI I COSTI

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  Si sente parlare sempre più spesso di medicalizzazione della salute; fenomeno che, nonostante la tecnicità del termine, indica qualcosa che avviene ormai quotidianamente e di cui, a ben pensarci, siamo tutti consapevoli. Per medicalizzazione si intende, infatti, quel processo attraverso cui la medicina moderna pone al centro della sua attenzione comportamenti e condizioni di vita che non sono malati, estendendo il suo potere e la sua azione ad ambiti di vita non caratterizzati da patologia. Uno dei casi più esemplari di questo processo è l’uso di farmaci psicostimolanti nel caso di soggetti diagnosticati con ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività) che riguarda un numero crescente di bambini ma anche adulti. Mi è capitato di recente di leggere il libro-inchiesta “ ADHD Nation” scritto dal giornalista americano Alan Schwarz*, che ha indagato l’uso di farmaci per bambini ADHD: lui definisce questa situazione come una vera e propria pandemia in quanto, stando a

LA NOSTRA "SCOMMESSA" VINTA!

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Si potrebbe dire che il riassunto di questo semplice libretto è tutto racchiuso qui, nella dedica che abbiamo scritto all’inizio dell’opera: «Questo semplice scritto lo dedichiamo a noi,» e naturalmente a tutti coloro che lo vorranno leggere. «Ci abbiamo provato senza nessuna pretesa, ma con la voglia di metterci in gioco condividendo la nostra passione educativa».  Ebbene si, perché quando tutto è nato un anno fa, non avremmo mai pensato che saremmo riusciti a raggiungere questo nostro obbiettivo.  Il progetto, nato un po’ per scommessa e un po’ per orgoglio, ha avuto il suo via perché abbiamo sentito il bisogno e l’esigenza, come educatori e professionisti, di andare oltre al nostro lavoro di “educatori sul campo”, ma di provare anche a mettere per iscritto e a far conoscere quello che sta dietro “le quinte” di ogni nostra azione, ogni nostra programmazione e azione educativa.  Abbiamo voluto “svelare un pochino i nostri segreti”, anche se segreti non sono. Abbiamo provato, ognuno co

EMOZIONIAMOCI

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  Quando chiediamo, ad una persona che incontriamo “Come va?”, non sempre siamo interessati alla risposta. Diamo ogni tanto per scontato che l'altra persona ci risponderà “bene”, perché questa è la risposta più comune. La diamo spesso anche noi! Forse perché non siamo abituati a esprimere con sincerità come ci sentiamo e tantomeno a immaginare che l'altro sia pronto a sentire una risposta diversa dal solito “bene”. Forse perché parliamo troppo poco delle nostre emozioni e ci risulta un argomento in parte imbarazzante, in parte “sconosciuto”. Parlare di emozioni può sembrare strano e inusuale, non ci fermiamo molto ad ascoltarci e capire cosa effettivamente si muove dentro di noi quando viviamo determinate situazioni. Le viviamo e basta, non del tutto consapevoli di ciò che si agita nel profondo e che ci porta ad avere certe reazioni piuttosto che altre. Ci manca una vera e propria “educazione emotiva”, che ci permetta di fermarci e sintonizzarci con noi stessi e, quindi

DOVE SI AGGREGANO I RAGAZZI?

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  È interessante e divertente giocare con le parole, provare e “smontarle”, dividerle in parti e rimettere insieme i pezzi. La parole AGGREGAZIONE significa “associazione, unione” e, “giocandoci” può diventare AGGREG-AZIONE. Questo è un passatempo, non ha niente a che fare con l’etimologia della parola, ma è bello pensare che l’aggregazione, lo stare insieme, l’unione possano diventare “azione”. La natura umana è strutturalmente aggregativa: nessun essere umano è pensabile come a se stante, ciascuno si nutre dell’altro e solo nello spazio della relazione con altri prende forma, fin dalla nascita. Ma ci sono ancora, oggi, luoghi e tempi di relazione? Dove si aggregano oggi i ragazzi? Lavorando in un centro di aggregazione, la domanda nasce nel momento in cui questo spazio vede a volte la presenza di pochi ragazzi, nonostante la varietà delle proposte e il tentativo continuo di avvicinarli per conoscerli ed entrare in relazione con loro. La domanda è anche obbligatoria perché come educ

LASCIARSI TRASFORMARE

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Quando il dolore arriva nelle nostre vite, piccolo o grande che sia, sopportabile piuttosto che “schiacciante”, leggero oppure profondo, qualunque sia la sua natura, quando il dolore arriva ecco che il tempo improvvisamente si ferma, si arresta. Sentiamo una frattura dentro di noi mentre tentiamo di resistere all’urto, di restare in piedi anche se deboli e spezzati. La nostra natura umana si rivela in tutta la sua vulnerabilità e fragilità. La tentazione può essere quella di scappare, di allontanare la sofferenza e cercare di non sentirla, aspettando che il tempo se la porti via. Facendo così, però, rischiamo di perdere un’occasione preziosa, di crescita e di cambiamento. Il dolore che la vita porta con sé non può arrivare a vuoto, ne deve essere esplorato il senso ma questo è possibile solo attraversandolo, solo restandoci pienamente “in mezzo” per sentirlo in tutta la sua intensità.  C’è bisogno di coraggio e di determinazione. Insieme, di pazienza e di capacità di aspettare perché l

"DIRITTI" OGNI GIORNO

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Parlare di diritti oggi può sembrare una cosa quasi banale, ovvia, scontata, come se non ce ne fosse bisogno perché siamo, a parole, tutti concordi nel riconoscerne l’importanza ed il valore. Ma non lo è nella società in generale, dove non è facile mettere davanti i diritti degli altri rispetto ai nostri, riuscire a prenderli in considerazione davvero nel momento in cui non sono i nostri diritti a dover essere difesi, sostenuti…solo per i nostri diritti sappiamo davvero schierarci e prendere posizione. Non lo è nemmeno in campo educativo, quando nel “tran tran” quotidiano, dentro un lavoro sempre molto esigente e incalzante, ci dimentichiamo di fermarci per assicurarci che i diritti dei nostri bambini e ragazzi siano tutelati. Non ci preoccupiamo nemmeno di consapevolizzare bambini e ragazzi rispetto ai loro diritti e, quindi, al valore sociale che ognuno di loro ha e che si è tradotto, nel tempo, al riconoscimento dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. I bambini non sono