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L'essere educatori è meravigliarsi (di Chiara Confortola - educatrice e danza movimento terapeuta)

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  L’incontro è finito.  Dopo giorni di telefonate, confronti, lacrime e perplessità…l’incontro è finito.  Abbiamo sentito la necessità di fermarci un attimo, di parlare e discutere di alcune questioni e incomprensioni. L’incontro è finito.  L’incontro è finito con un abbraccio e la frase “Noi ci siamo. aspettiamo!”. Chi l’avrebbe mai detto. L’essere educatori è meravigliarsi di quanto un processo di crescita, più o meno lungo, possa portare al raggiungimento di alcune delle tappe prefissate. La continua mediazione tra individui, enti, persone di cui ci prendiamo cura ci espone ad una continua ricerca di noi e del ruolo che abbiamo in un contesto che è ampio e complesso.  L’essere mediatori può voler dire negoziare e avere a che fare con il conflitto.  Il nostro lavoro è un complesso intreccio di fili che si incontrano, a partire dalle relazioni con le persone che accompagniamo e ancora di più con le famiglie, i servizi, la scuola ed è nostro compito far sì che quel filo non si annodi,

Ah! Questi telefoni portatili (Alfredo Alessio Conti - educatore e scrittore)

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  A me piace chiamarli così, telefoni portatili, piuttosto che smartphone, IPhone e/o cellulari. Perché portatili rende bene l'idea, perché si portano sempre con sé, indispensabili come la borsetta, il portafoglio, si indispensabili che quasi mai si dimenticano. Indispensabili perché possiamo essere sempre raggiungibili, perché possiamo creare contenuti, lavorare a progetti, informarci in ogni momento su cosa sta accedendo nel mondo, tradurre testi per comprendersi meglio, perché permettono di interagire coi propri figli, di rimanere in contatto con loro perché mi garantiscono la loro sicurezza e riesco persino a tracciarli per sapere dove sono comodamente a casa mia. Ebbene sì questi telefoni portatili sono estremamente necessari che non se ne può più farne a meno. E che dire allora dei nostri figli? Se sono così necessari perché imponiamo regole se possono studiare, apprendere, promuovere socialità e insistiamo solo sui rischi? Ebbene sì, i rischi fanno paura, ma forse il nostro