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Non vedo, non sento, non parlo (Michele Ricetti - educatore e pedagogista)

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  L’Open Space attivo da alcuni anni presso il Centro di Aggregazione Giovanile - che dà la possibilità ai ragazzi più grandi delle medie e a tutti gli adolescenti di incontrarsi in un ambiente libero, aperto e soprattutto non giudicante – prima in modalità sperimentale e ora a tutti gli effetti vivo e in costante crescita, mi mette di continuo in discussione. Ascoltando i tanti racconti che condividiamo, mi interrogo sul nostro essere adulti e quando cala il silenzio della giornata, sento un forte vuoto mettendo insieme i pezzi dei loro vissuti, racconti e speranze. Si alternano momenti di spensieratezza e momenti di tristezza, momenti di allegria, gioco e momenti di confronto e delusione. Ti rendi conto che la realtà spesso e volentieri è ben diversa da quella che poi quotidianamente noi adulti viviamo. Una quotidianità frenetica e spesso appesantita dalle tante preoccupazioni che come famiglie e adulti viviamo, con il rischio di perdere per strada – alle volte volutamente e spesso

OGNUNO è PERFETTO?

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  Non guardo praticamente mai la televisione in diretta. Il ritmo martellante delle pubblicità, che crea nuovi desideri e plasma il nostro immaginario collettivo, mi innervosisce a tal punto che preferisco evitare direttamente di accendere. Tuttavia, incuriosito dal clamore sollevato, ho guardato in streaming la miniserie “Ognuno è perfetto”, in onda durante il mese di dicembre su Rai 1. La narrazione, che si snoda in sei episodi, racconta le vicissitudini di una coppia di ragazzi, Rick e Tina, che si conoscono sul luogo di lavoro, si innamorano, si fidanzano e si vogliono sposare. Alcuni grossi ostacoli, tuttavia, rischiano di rendere impossibile il coronamento del loro sogno d’amore: la chiusura del reparto di packaging dove lavorano, il fatto che Tina sia un'immigrata irregolare dall’Est Europa e – dulcis in fundo - il fatto che entrambi i ragazzi siano affetti dalla sindrome di Down. Mi fermo a questo quadro generale per non spoilerare il finale a chi non l’avesse ancora vist

PERFEZIONE A TUTTI I COSTI

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  Si sente parlare sempre più spesso di medicalizzazione della salute; fenomeno che, nonostante la tecnicità del termine, indica qualcosa che avviene ormai quotidianamente e di cui, a ben pensarci, siamo tutti consapevoli. Per medicalizzazione si intende, infatti, quel processo attraverso cui la medicina moderna pone al centro della sua attenzione comportamenti e condizioni di vita che non sono malati, estendendo il suo potere e la sua azione ad ambiti di vita non caratterizzati da patologia. Uno dei casi più esemplari di questo processo è l’uso di farmaci psicostimolanti nel caso di soggetti diagnosticati con ADHD (disturbo da deficit di attenzione e iperattività) che riguarda un numero crescente di bambini ma anche adulti. Mi è capitato di recente di leggere il libro-inchiesta “ ADHD Nation” scritto dal giornalista americano Alan Schwarz*, che ha indagato l’uso di farmaci per bambini ADHD: lui definisce questa situazione come una vera e propria pandemia in quanto, stando a

IL CORAGGIO DI INDIGNARCI

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  Anche solo di sfuggita alla televisione, o passando davanti alle cartolerie del paese, alcune notizie ci colpiscono senza preavviso. Sono certo che nessuno di noi è totalmente all’oscuro di ciò che sta succedendo in Siria in questi giorni, nella zona chiamata Kurdistan. Una strage annunciata che nessuno sembra intenzionato seriamente a fermare. Notizie come queste sono sui nostri schermi tutti i giorni, tanto che nemmeno ci facciamo più caso. Sfruttamento di uomini, donne e bambini, privazioni della libertà di parola, condanne a morte sommarie, un ambiente al collasso, corruzione dilagante… Come spettatori ormai assuefatti alla violenza, comodamente sdraiati sui divani delle nostre case calde e accoglienti, ingeriamo la nostra pillola quotidiana di brutalità, di diritti negati, di miseria. Senza battere ciglio. In questo mondo iperconnesso tutto è puntualmente documentato, registrato, alla luce del sole; ma mai come in questa epoca si percepisce la confusione nel capire dove sia