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Navigare nell'incertezza (di Beatrice Pradella - psicologa)

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  A distanza di sette anni sono tornata su quel pullman che ogni domenica sera, verso le 19, parte da Livigno verso Sondrio portando i ragazzi in Convitto. Mi sono seduta in fondo, vicino al finestrino, per avere una bella visuale su tutto il pullman. Ricordo perfettamente che alle superiori i posti in fondo all’autobus erano riservati ai ragazzi di quinta, coloro che sembrano tanto grandi e sicuri di sé, ma la verità è che tremano all’idea di avere l’esame di maturità e soprattutto alle scelte da compiere da lì a poco. Mi sono fermata ad osservare l’entrata del pullman, gradualmente salivano sempre più ragazzi, chi con il cappuccio in testa come per nascondersi, chi con un sorriso particolarmente evidente, chi con un'espressione imbronciata. Si salutavano tra di loro e si sistemavano con cura ognuno al proprio posto (a volte si è abitudinari anche nei posti a sedere). Il tempo di scambiarsi due parole con i propri vicini su come fosse andato il fine settimana all’Open Space oppure

Voce del verbo: "addomesticare" (di Chiara Confortola - educatrice e danza-movimento terapeuta)

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  Il mio ruolo è Assistente Scolastico. Non faccio l’assistente scolastico, SONO assistente scolastico. Insieme a questo sono educatrice. L’ambiente scolastico lo vivo ogni giorno, in maniera diversa rispetto al contesto, all’utenza e al gruppo docente con cui lavoriamo. Non vorrei soffermarmi sui compiti che ci spettano, quanto più sulla difficoltà di mantenere il nostro ruolo in situazioni particolari delle quali siamo spettatori e, forse, anche attori. Vorrei condividere con voi un avvenimento. Sono in classe e noto una bambina in difficoltà, la ascolto e accolgo ciò che si sente di raccontarmi. Inizia a piangere e percepisco che è agitata. Cerco di rassicurarla dicendole che è bello esprimere questo sentire. Viene richiamata per tornare al suo posto, seduta nel cerchio. Le lacrime scivolano sul suo viso. L’insegnante lo nota e con un tono di voce deciso le dice: «Smettila di piangere, non serve a nulla, non ce n’è proprio bisogno!». Io sono dubbiosa, chiudo per pochi secondi gl

Fermiamoci! È necessario! (di Deborah Rodigari - educatrice)

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"Mi fermo Chiedo aiuto" Questo era il titolo della serata, aperta a tutti gli adolescenti e giovani della nostra comunità, proposta da Comunità Educante di Livigno e Trepalle.  Solo leggendo il titolo dalla locandina nascevano diverse riflessioni... “Mi fermo.” Perché dovrei? Chi mi chiede di farlo? Per chi lo faccio? È necessario? "Chiedo aiuto"... mamma mia che cosa difficile chiedere aiuto! Spesso è così difficile farlo con le persone più vicine, dobbiamo chiedere aiuto ad altri? A professionisti? A gente che "ne sa più di noi"? Insomma, quante cose mi frullavano in testa (penso anche in quella di molti altri) eppure chiamo due mie amiche e andiamo a quest'incontro! Ero partita con l'idea che a questa serata saremmo andate (forse) in 5 persone, ma quando ho aperto la porta del salone giovani di Trepalle e ho trovato lì seduti più di una ventina di ragazzi e ragazze, mi son dovuta ricredere. Trovo lì giovani della mia età, qualcuno più grande, qu

La cura di splendere (Vincenzo Morcelli - educatore)

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  «Leggerezza, libertà, preoccupazione, scelte, riservatezza, stranezza, curiosità, spensieratezza, armonia»: ecco alcuni pensieri messi per iscritto al termine del percorso sull’affettività e sessualità proposto ai ragazzi di seconda della scuola secondaria nel mese di febbraio.  Il tema del cambiamento del corpo è stato il filo conduttore, rielaborato e condiviso insieme mediante attivazioni corporee, momenti conoscitivi sulla fisiologia e anatomia umana, confronti e condivisioni in gruppo partendo da pensieri emersi dai ragazzi e da spunti di riflessione proposti dagli adulti. Ho apprezzato il loro mettersi in gioco, provarci, ascoltarsi, ascoltare… Mi sembra importante, da educatore e da papà., condividere alcuni loro scritti. Anche se non lo fanno vedere sempre si sono mostrati capaci di osservazioni profonde e sfumature personali che ci parlano e dicono di loro e che possono farci pensare. «Ho sentito la terra, la bellezza del mondo» - «All’inizio ho provato fastidio, ma poi quel

Qui ed ora (di Sandy Cusini - educatore)

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  In questo ultimo periodo, risuona nella mia testa sempre più lampante un concetto: prevenire è meglio che curare ed educare è la vera prevenzione . Ogni giorno noi educatori, ma anche i maestri, genitori, allenatori e tutti quanti in un modo o nell’altro, ci impegniamo per far sì che i bambini fin dalla più tenera età crescano seguendo “il buon esempio” o, meglio, imparino a stare al mondo, seguendo le buone regole. Il nostro ruolo è quello di insegnargli e trasmettergli certi valori che non siano però visti come una costrizione, un obbligo o persino una punizione; tutto questo sembra essere semplice, quasi “un gioco da ragazzi”, visto che per l’errato immaginario comune «noi educatori ci limitiamo a giocare con i bambini». In questi ultimi mesi, mi sono reso conto di quanto sia un lavoro pieno di difficoltà, imprevisti, e che richiede uno sforzo mentale a volte inimmaginabile. Già, proprio così, diventa sempre più difficile trovare le strategie per catturare l’interesse dei bambi

«Gli albanesi spacciano, anche perché gli italiani comprano» (di Michele Ricetti - educatore e pedagogista)

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  La potente frase che ho scelto come titolo di questo spunto, non è farina del mio sacco, ma di una ragazza albanese di 15 anni che stanca di essere additata per quanto successo in questi giorni si è sfogata con i suoi pari usando proprio questa frase. Le notizie di quanto avvenuto nella nostra località dopo l’importante operazione della Polizia di Stato – a cui va il nostro grazie - ha dato un colpo non indifferente alla mafia presente anche sul territorio di Livigno e Trepalle. Aldilà dei titoloni altisonanti che addossano – quasi esclusivamente - alla sola comunità degli albanesi il traffico di droga presente sul territorio, quando è ovvio che anche loro sono all’interno di un’organizzazione molto più ampia che si avvale dell’aiuto di italiani del territorio e non, sviano da qual è il vero problema, cioè di come il mondo giovane e adulto sia in difficoltà. Forse è arrivato il momento di riconoscere che non sono solo i ragazzi ad essere al centro dell’attenzione di criminali senza

Diventare pedagogista...ai tempi d'oggi. (di Simone Cusini - educatore e laureando pedagogista)

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«Chi è il pedagogista? E cosa fa?» Questa è una delle domande che ci sono state rivolte dai ragazzi frequentanti il Liceo delle Scienze Umane di Bormio durante un incontro a cui abbiamo partecipato per raccontare le nostre esperienze universitarie e lavorative alle generazioni future che intendono lavorare in ambito sociale. A primo impatto non è semplice rispondere alla domanda in quanto la figura professionale del pedagogista non è ancora riconosciuta in maniera adeguata dalle istituzioni e dalla maggior parte delle persone. Forse, risulta più semplice rispondere affermando prima ciò che non è il pedagogista. Di certo, prima di tutto, non è colui che cura i piedi (sì, ne ho sentite tante riguardo a questa figura e una tra le tante assurde definizioni che ho sentito c’è anche questa), non è lo psicologo, ma potrebbe certamente lavorare al suo fianco per progettare interventi educativi di diverse tipologie e fornire sostegno, consulenza, formazione e accompagnamento all’interno del