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La cura di splendere (Vincenzo Morcelli - educatore)

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  «Leggerezza, libertà, preoccupazione, scelte, riservatezza, stranezza, curiosità, spensieratezza, armonia»: ecco alcuni pensieri messi per iscritto al termine del percorso sull’affettività e sessualità proposto ai ragazzi di seconda della scuola secondaria nel mese di febbraio.  Il tema del cambiamento del corpo è stato il filo conduttore, rielaborato e condiviso insieme mediante attivazioni corporee, momenti conoscitivi sulla fisiologia e anatomia umana, confronti e condivisioni in gruppo partendo da pensieri emersi dai ragazzi e da spunti di riflessione proposti dagli adulti. Ho apprezzato il loro mettersi in gioco, provarci, ascoltarsi, ascoltare… Mi sembra importante, da educatore e da papà., condividere alcuni loro scritti. Anche se non lo fanno vedere sempre si sono mostrati capaci di osservazioni profonde e sfumature personali che ci parlano e dicono di loro e che possono farci pensare. «Ho sentito la terra, la bellezza del mondo» - «All’inizio ho provato fastidio, ma poi quel

Ho il piacere di conoscerti (Monica Franceschina - educatrice)

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  "Per insegnare il latino a Giovannino non basta conoscere il latino, bisogna soprattutto conoscere Giovannino"* In una classe di ragazzi delle superiori entra inaspettatamente l’insegnante di sostegno. I compagni si guardano un po’ impauriti, la prof capisce che qualcosa non va ma si siede a fianco a Luca ed osserva. Giulio fa la smorfia ai compagni di stare tranquilli, la prof continua ad osservare. Giulio si avvicina a Luca e gli chiede qualche informazione sul DVD che da giorni porta a scuola. Il suo DVD preferito. - Wow, anche io ho quel DVD. Ma l’immagine dentro è uguale a quella della custodia? La prof continua ad osservare. - Si sì, ugualissima - Luca sicuro? Mi fai vedere se è come il mio? - Certo, è il mio dvd preferito. … impossibile descrivere la faccia di Luca quando apre la custodia e ci trova … IL CD DI TEDESCO 😡 !! Tutta la classe scoppia a ridere ma con un po’ di timore. Guardano la prof, anche lei sorride. La prof di classe entra e sente la voce di Luca:  

Nessun uomo è un'isola (Daniele Rocca - filosofo e insegnante)

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  “Non chiedere mai per chi suona la campana: essa suona per te”.  Così termina una celebre poesia dell’inglese John Donne, che alla fine del ‘700 utilizza la forte immagine della “campana da morto” per richiamare l’attenzione su un fatto tanto scontato quanto evitato: tutti, in quanto esseri umani, dobbiamo morire. Il poeta va però oltre, suggerendo che la morte di un altro essere umano sveli un legame che ci connette profondamente gli uni agli altri. La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce, perché io sono parte dell’umanità. Se anche solo una zolla venisse lavata via dal mare, l’Europa ne sarebbe diminuita, come se le mancasse un promontorio, come se venisse a mancare una dimora di amici tuoi, o la tua stessa casa [1] . Il suono di quella campana ci coinvolge tutti (e nei mesi terribili della primavera 2020 ne siano stati inermi testimoni) ampliando il significato della citazione senechiana cotidie morimur [2] : moriamo ogni giorno non tanto (non solo) perché invecchiamo, ma sopratt

Pensieri sparsi di un cuore inquieto, ma di un animo libero. Parte II^ (Lorenzo Napoli - 21 anni)

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  La commozione nel mio bagaglio, panni sporchi di navigazione per ogni dove… Sempre in testa una canzone… È dolce stare in mare quando son gli altri a far la direzione, soltanto fare ciò che c'è da fare e cullati dall'onda... Di notte sognare lei che scappa da me, ma poi mi sveglio e consapevole sono nel mare. La vita mi offre un incarico di responsabilità, mi ha detto che una nave ha bisogno di un comandante concreto. Ed è importante il pensiero della responsabilità, si è fatto grosso,  è come dover saltare al di là di un fosso, che mi divide dai tempi spensierati di un passato che è passato.   Saltare verso il tempo indefinito dell'essere adulto,  di fronte a me la nebbia mi nasconde, la risposta alla mia paura è: cosa sarò e dove mi condurrà la mia natura? La faccia di mio padre prende forma sullo specchio interiore,  lui giovane io vecchio, le sue parole che rimbombano dentro al mio orecchio,  "la vita non è facile ci vuole sacrificio, un giorno te ne accorgerai e

Con sguardi diversi...aiutiamoli a crescere. (Daniela Lumina)

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  «Che pazienza che avete!» Quante volte nei miei ambienti lavorativi ho sentito pronunciare questa frase dai genitori che ci affidavano i loro figli e prima di diventare mamma ero convinta di possederne…di pazienza; quindi, lo prendevo un po' come un complimento. Ora da mamma, ogni volta che sento questa frase al lavoro, sorrido e spesso rispondo: «Non è questione di pazienza, ma di rapporti!» Mentre lo dico penso a quante volte stanca e avvilita ho osservato le mie figlie da piccole che facevano i capricci, o che non ubbidivano e ho pensato: «Ok… meglio 20 bambini degli altri che 2 dei tuoi!» Quante volte stremata e nervosa dopo un litigio con le mie figlie, magari proprio dopo un faticoso pomeriggio di compiti mi sono ritrovata a chiedermi: «Ma com’ è possibile? Gli altri bambini mi ascoltano, a volte pendono letteralmente dalle mie labbra e le mie figlie no?» Quante volte mi sono ritrovata io stessa a condividere emozioni o fatti alle orecchie professionali dei miei coll

Uno "strano" incontro...

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S: Che lavoro fai? M: Sono “Assistente alla Comunicazione e all’Autonomia”. S: Cioè? Dove lavori? M: A scuola, mi prendo cura dei ragazzi con qualche difficoltà. S: Sei un’insegnante di sostegno? M: No, sono un’Assistente. S: Nell’elenco non c’è… posso mettere maestro? M: No… S: Allora operaio? M: Vedi tu, non so che dire. S: Ma cosa fa “questo assistente”? M: È una figura un po' “sconosciuta” per la stragrande maggioranza delle persone, ma presente da anni ed è indispensabile per garantire il diritto all’istruzione ai bambini e ragazzi con disabilità. Non è un’insegnante, ha una formazione diversa, un mandato diverso. S: Ok ma esattamente cosa fa? M: Ovviamente sono di parte, ma credo che sia una figura fondamentale per costruire il progetto di vita dei ragazzi di cui si prende cura. L’assistente lavora a fianco del ragazzo e prova a raccogliere tutte quelle che sono le indicazioni di tutte le figure che si occupano di lui senza sostituirsi a loro. S:

A SCUOLA DI GENTILEZZA

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  Qualche giorno fa ho trovato in internet – da qualche parte, non mi ricordo nemmeno dove è saltato fuori - un brevissimo articolo su una scuola irlandese che al posto dei classici compiti delle vacanze di Natale, ha assegnato ai suoi studenti delle missioni di gentilezza da fare ogni giorno delle vacanze. Piccole cose, come per esempio chiacchierare con una persona anziana piuttosto che aiutare qualcuno della famiglia: azioni concrete, a misura di bambino, rivolte agli altri ma anche a sé stessi. L’iniziativa mi ha fatto sorridere e riflettere insieme: sorridere pensando alla bizzarria umana, che continuamente si avventura in situazioni alternative ed esperimenti geniali; riflettere, perché ne sono derivate una domanda e alcune considerazioni: dobbiamo davvero imparare la gentilezza? Non è qualcosa che l’uomo ha dentro di sé per natura, a partire da quando si è fanciulli? Sembra una domanda retorica ma non lo è, soprattutto quando, lavorando in contesti educativi, capita, a volte,

LA FORMAZIONE NON è MAI ABBASTANZA

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**   Spesso i mille impegni, le troppe cose da fare, il desiderio di passare un po' di tempo tranquillamente in famiglia ci costringono a rinunciare ad alcune proposte che le diverse agenzie educative o meno, del territorio ci propongono, ma formarsi, tenersi aggiornati, condividere obiettivi, traguardi e fallimenti è davvero fondamentale. La formazione continua è importante sia per tutti i genitori sia per tutti gli adulti e rappresenta uno degli obblighi più importanti per educatori e insegnanti e che ne caratterizza la professionalità: sarebbe un fallimento pensare che essere un educatore sia un punto di arrivo e una contraddizione essere formatori che non si formano. L’educatore, l'allenatore e anche il catechista devono continuare a coltivare il proprio sapere, a rinnovarlo, a metterlo in discussione. Educare, dare forma, implica il movimento e per questo dobbiamo tenerci in moto continuamente perché non c'è il punto di arrivo. La formazione quindi non è da rit

A CHE SERVE STUDIARE?

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  Ci stiamo avvicinando alla fine dell’anno scolastico, al temuto “verdetto finale”, insieme ai ragazzi viviamo quel periodo in cui il desiderio di riuscire a farcela, il voler mettercela tutta per riuscire a “tirar su” le ultime materie viene intervallato dalla stanchezza che si fa sempre più sentire. Cosi i ragazzi si chiedono: ma a cosa serve studiare? A che cosa mi serve sapere come si calcola l’area del rombo?   E di Napoleone? A cosa mi serve? Probabilmente, anche a noi adulti queste domande, lette così non serviranno davvero a niente. Allora ci si chiede come far capire ai ragazzi quanto davvero è importante “perdere tempo sui libri”, che studiare servirà loro per imparare a prendere delle decisioni, importanti o meno. Servirà a conoscere le imprese da cui prendere ispirazione e gli errori da non ripetere. Servirà per non credere a tutto. Servirà per non farsi ingannare. Studiare: è la forza di desiderare e lottare per qualcosa in cui credi. Forse non servi

SESSUALITà

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  Appena si accenna questa parola scappa ai nostri ragazzi qualche sorriso, qualche smorfia d’imbarazzo… ed è normale che sia così… con calma, con il tempo giusto, con il modo giusto dobbiamo cercare di prepararci e prepararli all’educazione all’affettività e alla sessualità, perché quest’ultima va oltre il mero comportamento sessuale. La sessualità è un tema centrale di ogni individuo, che ci accompagna lungo tutto l’arco della vita. Non possiamo dimenticarci di tutti gli aspetti, relazionali, emozionali, affettivi che la caratterizzano e la completano, perché questo è un argomento che è parte integrante del benessere di ciascuno di noi. È indispensabile educare e accompagnare i nostri ragazzi nel saper creare un legame con gli altri, imparando il rispetto a partire dalle prime dimensioni della fiducia e dell’amicizia, per poi riportarlo negli innamoramenti e gli amori che li metteranno in gioco. È altrettanto importante creare un momento di ascolto di sé stessi, di riconoscimen