Vite tra i banchi di scuola (di Simone Cusini - educatore e pedagogista)
Quest’anno ho
avuto la fortuna di partecipare al progetto “educatore di classe”, promosso dal
CiAGi di Livigno in collaborazione con l’Istituto Comprensivo, e, a mia
sorpresa, quanta vita che ho visto scorrere silenziosa tra quei banchi di
scuola.
Il ruolo all’interno
della classe era abbastanza insolito: mentre i professori facevano lezione io mi
posizionavo in fondo alla classe a osservare i ragazzi, ad affiancare chi
vedevo in particolare difficoltà, ad aiutare chi me lo chiedeva espressamente e
a ricordare ad altri, invece, che il letto ormai lo avevano abbandonato già da
un po’ e che la lezione era cominciata e, forse, era il caso di stare in
ascolto.
Detto così può risultate un ruolo abbastanza semplice e marginale; anche perché cos’altro potrebbe fare un educatore a scuola mentre l’insegnate spiega?
In realtà, però, il ruolo di un educatore in una classe di venti ragazzi tredicenni può risultare fondamentale e a tratti, forse, indispensabile.
Questa figura professionale si occupa di curare le relazioni educative tra i compagni, di gestire i conflitti e di provare a dare gli strumenti adeguanti ai ragazzi per affrontare la quotidianità dentro e fuori alla scuola. Insomma, si prende cura dell’educazione dei ragazzi per aiutarli ad affrontare la vita; e quanta vita ho visto scorrere tra quei banchi in questi nove mesi: quanta voglia di crescere, di scoprirsi e scoprire gli altri; tanti i momenti osservati: quelli in silenzio, quelli di rabbia o di conflitto con sé stessi o con i compagni, quelli di sconforto del tipo “tanto prendo quattro anche questa volta!” oppure “tanto so già che non riesco a farlo”. Molti altri, invece, i momenti di soddisfazione, di realizzazione delle proprie capacità, quelli di riflessione, di dialogo, di quattro ciacole tra una campanella e l’altra e di mille e mila sguardi incrociati: di disapprovazione, di paura, di orgoglio, di rabbia, di stanchezza o di sconforto.
Poi alcune volte ho potuto osservare alcuni di loro con lo sguardo perso fuori dalla finestra a osservare il mondo; altri, invece, con gli occhi fissi alla lavagna ma con la testa da tutt’altra parte: pensando alla prima cotta, al pomeriggio da passare con gli amici, al weekend da trascorrere sugli sci o alle canzoni del proprio cantante preferito.
Fondamentale in qualsiasi momento cercare di sostenere la relazione con i ragazzi creando una sinergia efficace con i professori per collaborare nella buona riuscita scolastica e educativa di ciascuno di loro. Alla fine, ognuno porta con sé la propria storia e il proprio bagaglio culturale e sociale e l’intreccio di esperienze che si viene a creare all’interno di una classe ha il potere di dare occasione di apprendimento e crescita per tutti, compresi insegnanti e educatori.
L’anno scolastico sta per concludersi e i ragazzi probabilmente non vedono l’ora, è normale questo ma chissà cosa accadrebbe se fossero consapevoli che sono proprio questi gli anni in cui imparano a crescere confrontandosi con gli altri andando a fondo della loro personalità. Ora li odiano tanto i giorni trascorsi a scuola ma quando saranno adulti ne riconosceranno l’inestimabile valore.
L’educatore ha la fortuna di osservare il loro vero mondo mentre sono di spalle e non lo vedono, mentre lui, invece, è immerso dentro ogni singolo gesto, scambio, pensiero, parola o conquista.
Perché osservare e provare ad entrare, anche se in piccola parte, nel mondo dei nostri ragazzi resta il lavoro più bello del mondo.
Come poter stare tra quei banchi dove c’è molta più vita di quella che noi adulti potremmo mai riuscire a comprendere.
Detto così può risultate un ruolo abbastanza semplice e marginale; anche perché cos’altro potrebbe fare un educatore a scuola mentre l’insegnate spiega?
In realtà, però, il ruolo di un educatore in una classe di venti ragazzi tredicenni può risultare fondamentale e a tratti, forse, indispensabile.
Questa figura professionale si occupa di curare le relazioni educative tra i compagni, di gestire i conflitti e di provare a dare gli strumenti adeguanti ai ragazzi per affrontare la quotidianità dentro e fuori alla scuola. Insomma, si prende cura dell’educazione dei ragazzi per aiutarli ad affrontare la vita; e quanta vita ho visto scorrere tra quei banchi in questi nove mesi: quanta voglia di crescere, di scoprirsi e scoprire gli altri; tanti i momenti osservati: quelli in silenzio, quelli di rabbia o di conflitto con sé stessi o con i compagni, quelli di sconforto del tipo “tanto prendo quattro anche questa volta!” oppure “tanto so già che non riesco a farlo”. Molti altri, invece, i momenti di soddisfazione, di realizzazione delle proprie capacità, quelli di riflessione, di dialogo, di quattro ciacole tra una campanella e l’altra e di mille e mila sguardi incrociati: di disapprovazione, di paura, di orgoglio, di rabbia, di stanchezza o di sconforto.
Poi alcune volte ho potuto osservare alcuni di loro con lo sguardo perso fuori dalla finestra a osservare il mondo; altri, invece, con gli occhi fissi alla lavagna ma con la testa da tutt’altra parte: pensando alla prima cotta, al pomeriggio da passare con gli amici, al weekend da trascorrere sugli sci o alle canzoni del proprio cantante preferito.
Fondamentale in qualsiasi momento cercare di sostenere la relazione con i ragazzi creando una sinergia efficace con i professori per collaborare nella buona riuscita scolastica e educativa di ciascuno di loro. Alla fine, ognuno porta con sé la propria storia e il proprio bagaglio culturale e sociale e l’intreccio di esperienze che si viene a creare all’interno di una classe ha il potere di dare occasione di apprendimento e crescita per tutti, compresi insegnanti e educatori.
L’anno scolastico sta per concludersi e i ragazzi probabilmente non vedono l’ora, è normale questo ma chissà cosa accadrebbe se fossero consapevoli che sono proprio questi gli anni in cui imparano a crescere confrontandosi con gli altri andando a fondo della loro personalità. Ora li odiano tanto i giorni trascorsi a scuola ma quando saranno adulti ne riconosceranno l’inestimabile valore.
L’educatore ha la fortuna di osservare il loro vero mondo mentre sono di spalle e non lo vedono, mentre lui, invece, è immerso dentro ogni singolo gesto, scambio, pensiero, parola o conquista.
Perché osservare e provare ad entrare, anche se in piccola parte, nel mondo dei nostri ragazzi resta il lavoro più bello del mondo.
Come poter stare tra quei banchi dove c’è molta più vita di quella che noi adulti potremmo mai riuscire a comprendere.
di Simone Cusini
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