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Sotto lo stesso cielo. (di Valeria Rodigari - educatrice)

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       È una giornata di ottobre, durante il pomeriggio arriva al CiAGi una telefonata: «c’è un’urgenza. Da domani riuscite ad integrare il gruppo medie con due nuovi ingressi? Ci sono due ragazzi israeliani, bloccati a Livigno per colpa della guerra».      La notizia ci prende di sorpresa, e diverse domande si fanno strada nella mia mente: «Come faremo a comunicare con loro? Sapranno parlare qualcosina d’inglese? Ma soprattutto, come reagiranno i ragazzi a questa notizia?»      Non ho tempo di trovare una risposta a quelle domande, che è già arrivato il momento di accoglierli, così lascio che siano i ragazzi a trovare una soluzione.      Due ragazzini israeliani, che parlano principalmente russo, e sanno qualche parola di inglese. Un gruppo di 30 ragazzi/e di prima e seconda media che parla italiano, e qualche parola di inglese.        Due mondi apparentemente e culturalmente diversi, che condividono p...

Impariamo ad annoiarci…Non sempre c'è qualcosa da fare! (Deborah Rodigari - educatrice)

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  «Ciao, cosa facciamo oggi?» «Che noia, cosa posso fare?» «Cosa facciamo adesso?» «E adesso?»  «Tra quanto tempo iniziamo a giocare insieme?» «Non so cosa fare» Queste sono alcune delle frasi che quotidianamente, o quasi, sento lavorando con i bambini delle elementari. Arrivano alle 14.30 al CiAGi e chiedono immediatamente cosa si farà, che cosa abbiamo pensato per loro per quel pomeriggio, cosa si farà prima, cosa si farà dopo. Generalmente diamo il via ai nostri pomeriggi, con un momento chiamato "gioco libero", il tempo in cui i bambini possono giocare "come vogliono", possono rincorrersi, possono giocare seduti in cerchio, possono fare un gioco in scatola, possono disegnare, colorare, scrivere o possono semplicemente chiacchierare, confrontarsi, raccontarsi.  Insomma, gli obiettivi sono quelli di provare a far gestire loro questo spazio di tempo, in autonomia, offrendo a volte del materiale oppure semplicemente "lasciandoli mettersi in gioco liberamente...

Il colore della ragione. (di Sandy Cusini - educatore)

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       È un giorno come gli altri, una gelida mattina di metà autunno, uno di quei giorni in cui il freddo inizia a rallentare le nostre giornate, la macchina ha bisogno di qualche minuto per scaldarsi, l’acqua per il tè caldo, di prima mattina, sembra richiedere più tempo per bollire, fuori il sole sembra chiedere ancora qualche ora prima di potersi alzare nel cielo…      Eppure tra le quattro mura della scuola i bambini corrono già freneticamente in classe per potersi incontrare tra di loro e raccontare le loro fantastiche avventure vissute nel weekend; non faccio in tempo a mettere piede nell’atrio della scuola che vengo assaltato da migliaia di racconti e parole che non fanno in tempo nemmeno a uscire dalle loro bocche che ne arrivano di nuove: «sai che ieri ho visto…; Io sono andato da…; oggi è il giorno del mio…;ci vediamo domani per…».      Finalmente in classe ritorna il silenzio e tutti iniziano a lavorare.     ...

Skatepark: sono tutti drogati!! ...ma dal pregiudizio. (di Michele Ricetti & una ragazza di 16 anni - educatore & studentessa)

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     «Sono una ragazza di 16 anni, vivo a Livigno e nel tempo libero passo le mie giornate al “Park”.      Il park, nonché il parco giochi di santa Maria, è frequentato maggiormente da bambini e famiglie; ma negli ultimi anni si è creato un gruppo di ragazzi che passa le giornate a giocare a basket o a “schiaccia cinque”.      È un gruppo che comprende ragazzi di ogni età, da ragazzi di 19 anni a ragazzini di 13, e ogni giorno si aggrega qualcuno di nuovo che sia un turista o un ragazzino che ha voglia di fare nuove amicizie.    D’estate ci troviamo sempre lì per ascoltare buona musica e per divertici tutti assieme; spesso organizziamo di andare a camminare o di andare a fare il bagno al lago, ma ovviamente con l’arrivo dell’inverno è meno frequente il passaggio al park perché col freddo artico di Livigno ci rifugiamo all’Open Space o a casa, dove ci sentiamo accolti.      Sappiamo bene che cosa pensa la gente di Livi...

Corresponsabilità: di che cosa? (di Vincenzo Morcelli - educatore)

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      Tante volte in diversi luoghi parlando delle molteplici sfide educative da affrontare, si sente parlare di corresponsabilità.     A parole in molti si è allineati, consapevoli che essere corresponsabili significa saper cogliere i bisogni e le potenzialità "gettando lo sguardo" in avanti e progettando insieme iniziative/proposte che promuovano benessere, prevenzione e forme di vita migliori. Ma come tutti sappiamo, dalla teoria alla pratica, non sempre tutto è scontato e la differenza spesso la fanno le persone e il loro modo di agire.     Nella serata guidata da don Luigi Ciotti - lo scorso 14 ottobre -, che personalmente ho apprezzato, nelle tante considerazioni e nei pensieri condivisi, don Luigi ha fatto diversi affondi in merito a questo: Essere corresponsabili significa avere a cuore un impegno comune: ogni realtà, ogni comunità in quanto organismo vivente ha bisogno del contributo di tutti, ha bisogno di cittadini corresponsabili....

«LIBERA…mente» verso un mondo possibile. (di Simone Cusini - educatore)

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  «Diffidate da chi parla di voi, ma non parla con voi, distinguete i seduttori dagli educatori» È questo il consiglio che don Luigi Ciotti dà a tutti i ragazzi e giovani di Livigno e Trepalle durante la serata in Plaza Placheda di sabato 18 ottobre. Poche, ma intense parole che contengono tanta speranza, fiducia e impegno verso il futuro; il nostro futuro che riguarda ciascuno di noi e che nessuno può sentirsi escluso nel volerlo cambiare, costruire e sognare insieme. Don Ciotti, infatti, ribadisce più volte «l’importanza centrale delle emozioni e dei sentimenti nella vita di tutti i giorni, la sensibilizzazione al presente e a ciò che viviamo è motore inesauribile per la nostra motivazione personale e propensione al cambiamento verso un bene comune». Sì, perché, la missione di don Luigi attraverso l’associazione “LIBERA”, è quella di ricordare a tutti noi che «il futuro è più vicino del passato» e soprattutto che inizia proprio dal presente, dal qui e ora; c’è quindi bi...

«I giovani d’oggi non hanno voglia di farne!» (di Daniela Lumina - educatrice)

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       Ma è davvero così?       Si, forse alcuni sì, ma se dobbiamo essere sinceri prima di puntare il dito verso di loro, forse dovremmo rivolgerlo verso di noi, non sempre siamo in grado di ricoprire il nostro ruolo educativo e sicuramente nessuno di noi lo fa volontariamente o per mancanza d’amore, spesso è il mondo adulto stesso ad essere disorientato di fronte alla marea di informazioni e di possibilità di scelta in cui ci troviamo davanti.       Così ecco crescere ragazzi che non sanno che strada prendere, che non hanno gli strumenti per mantenersi da soli, che pensano che tutto piova dal cielo senza un minimo di sforzo, depressi, in attesa che mamma o papà arrivino sempre a far passare la “bua” della vita, a volte incapaci di agire perché soffocati dalle aspettative che i genitori riversano su di loro, altre volte trovano modi strani (e spesso sbagliati) per far sentire la loro voce perché non siamo capaci di dargli fidu...

Un colpo al cuore (di Thomas Sosio - educatore)

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       Tutto iniziava con un abbraccio, una pacca sulle spalle, un saluto affettuoso, senza pregiudizi e con tanta apertura, del cuore e delle porte.       Giallo e rosso erano i colori che contraddistinguevano le famigerate squadre, pronte ad affrontarsi e sfidarsi, le magliette contenevano tanta energia e voglia di mettersi in gioco in una nuova avventura, con uno spirito di amicizia e crescita.       Giallo e rosso, come il colore delle albe vissute, come lo sguardo al tramonto, un tramonto, forse, arrivato troppo presto.       Le sedie erano già pronte, ci si sedeva con ordine, in prima fila i capitani, chiamati ad incitare la squadra e ad essere i primi protagonisti. Sulla sedia vuota accanto a ciascuno, una penna e il diario: semplici fogli graffettati, ma dentro la complessità delle parole, frasi e citazioni per riflettere e farsi alcune domande, sulla vita, sul perché, sul chi siamo.   ...

Pulizie di Primavera (Daniela Lumina e Serena Bormolini - educatrice e tirocinante)

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  Sono le 17.  Tutto è pulito e in ordine al CiAGi Livigno. Salutiamo i colleghi e restiamo solo noi due. Sorridiamo. Un pensiero sorge spontaneo ad entrambe ripensando ai mesi appena trascorsi: due generazioni che si sono trovate a lavorare insieme. Ci sediamo per un attimo intorno allo stesso tavolo, ci prendiamo un caffè ed iniziamo a chiacchierare. Da una parte è seduta l’esperienza: che porta certezze e stimoli, ma che tende a dare per scontato e a tacere alcune cose per timore che siano troppo “grandi” per una mente che si valuta ancora non pronta.  Perché non si investe tempo nella crescita personale dei giovani ? Dall’altra è seduta la parte giovane: con il suo entusiasmo e la sua curiosità, che spesso però sceglie di andarsene alla ricerca di nuove esperienze non garantendo una continuità.  Quanto tempo vale la pena investire nella loro crescita professionale ? Entrambe cogliamo le provocazioni che ci siamo lanciate e non con poche difficoltà prendiamo con...

Ah! Questi telefoni portatili (Alfredo Alessio Conti - educatore e scrittore)

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  A me piace chiamarli così, telefoni portatili, piuttosto che smartphone, IPhone e/o cellulari. Perché portatili rende bene l'idea, perché si portano sempre con sé, indispensabili come la borsetta, il portafoglio, si indispensabili che quasi mai si dimenticano. Indispensabili perché possiamo essere sempre raggiungibili, perché possiamo creare contenuti, lavorare a progetti, informarci in ogni momento su cosa sta accedendo nel mondo, tradurre testi per comprendersi meglio, perché permettono di interagire coi propri figli, di rimanere in contatto con loro perché mi garantiscono la loro sicurezza e riesco persino a tracciarli per sapere dove sono comodamente a casa mia. Ebbene sì questi telefoni portatili sono estremamente necessari che non se ne può più farne a meno. E che dire allora dei nostri figli? Se sono così necessari perché imponiamo regole se possono studiare, apprendere, promuovere socialità e insistiamo solo sui rischi? Ebbene sì, i rischi fanno paura, ma forse il nostro ...

Giocatela! (Chiara Confortola - educatrice e danza terapeuta)

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  Eccomi, sono qui! Piano piano sto nascendo anche io, sto prendendo vita e sto prendendo forma. Che sorpresa    questo cammino. Abbiamo iniziato insieme una nuova avventura. Tante volte io lo chiamo gioco . Per me sarà così: sarà una partita che durerà molto tempo dove non ci saranno né vinti né vincitori, con tanti giocatori che renderanno il tutto più accattivante. Si, sarà un gioco perché per me il gioco è una cosa seria e non c’è esperienza più bella di crescere giocando. Si farà fatica, lo sappiamo, avremo il fiato corto per la maggior parte del tempo ma … sai che spasso saperti in campo con noi? E poi sarà un allenamento costante e che porterà buon frutto, ne siamo certi. Non ci sarà solamente un passo veloce, dai, ci saranno attimi lenti fatti di sguardi, di respiri, di paesaggi, di albe e tramonti. Sarà sicuramente un alternarsi...

Prendiamoci tempo (Chiara Dei Cas - Operatrice Socio-Sanitaria)

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Sveglia, scuola, macchina, lavoro, file d'attesa, ritardi… Spesso tempi e ritmi non dipendono dalla giornata, non dipendono da noi, bensì da ciò che ci richiede la società. Spesso tutta questa frenesia giornaliera impedisce di ascoltare e accogliere i nostri limiti, portandoci a trascorrere la nostra giornata in base alle nostre abitudini e non alle nostre esigenza, dimenticandoci delle nostre priorità.  Quante volte pronunciamo la frase "non ho tempo" sentendoci delusi per non essere riuscite a adempiere il dovere di ogni giorno? Mi trovo spesso a rincorrere il tempo senza dargli la giusta importanza.  Quante volte ho pensato di riuscire a gestirlo nella maniera corretta senza rendermi conto che fosse lui a dettarne le regole, quante volte ho pensato di averne troppo e quante di non averne abbastanza. E allora per un instante vorrei fermarmi, accogliere il trascorrere del tempo ascoltandomi, guardare il suo trascorrere nelle sfumature dei tramonti, nel profumo del fiorir...

Da due piccole mani e un gesto grande (Sandy Cusini - educatore)

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  Dapprima che facessi l’educatore di professione ho sempre voluto cercare in qualche modo di aiutare il prossimo. Il primo ricordo che ho riguardo a questa scelta risale a tanti anni fa, ai primi anni delle elementari, quando in classe, la maestra ci presentò una bambina “fragile”. Fui molto felice di giocare con lei ed aiutarla a sentirsi parte del gruppo dei miei compagni. Ricordo che non parlavamo la stessa lingua, non sapevo cosa volesse dirmi con i suoi gesti e, con lo sguardo incuriosito tipico dei bambini, la osservavo nel suo muoversi, agitarsi e sorridere perché in cerchio battevamo le mani insieme a lei. Aveva un fare tutto suo, non stava mai ferma, si divertiva a rincorrerci e a scappare per la classe, ma tornava sempre da me e ogni volta cercava le mie mani, per batterle cantando insieme, per battermi il cinque o forse semplicemente per dirmi grazie. Crescendo ho incontrato tanti altri bambini, ragazzi e amici con cui ho stretto dei legami forti, e spesso molte di que...

Dov'è casa? A chi appartengo? (Lavinia Ancuta - economista e specializzata in statistica)

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Queste due domande che per alcuni possono sembrare banali aprono il monologo di Vamba Sherif (romanziere, giornalista e critico cinematografico nato in Liberia) che ha cambiato paese più di una volta, vivendo in Kuwait, Siria ed Olanda. Nel suo discorso, Vamba racconta come, per necessità o per scelta, ha provato ad integrarsi in nuove realtà e spiega, in parole semplici, il distaccamento sentito al momento del ritorno nel posto che una volta chiamava casa.   Ascoltando le sue parole, penso a quanto spesso ho sentito parlare del sentimento di “appartenenza”, ovunque e da nessuna parte, fenomeno sempre più diffuso ora con la globalizzazione, ma da sempre presente anche ai tempi dei nostri nonni, quando molti si dovevano trasferire per lavoro o per situazioni instabili nel proprio paese.   Vivere in posti diversi mette in discussione il proprio senso di appartenenza. Nel nostro percorso sentiamo tutti la necessità di essere parte di qualcosa e di qualcuno, di poter condividere...

Piangi, ti accolgo (Valeria Rodigari - educatrice)

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  È un pomeriggio apparentemente normale, dopo aver finito i compiti, c’è spazio per un momento libero: qualcuno gioca a calcetto, altri a carte, un gruppetto chiacchiera. Ad un tratto incontro degli occhi lucidi, un volto rigato dalle lacrime, d’istinto mi avvicino, accolgo quelle lacrime. Non mi interessa sapere il motivo che ci sta dietro, voglio solo che la persona che mi trovo di fronte possa sentirsi accolta, libera di lasciarsi andare e sfogarsi. Provo a mettermi in ascolto, non con le orecchie, ma con il cuore, probabilmente dietro quelle lacrime non c’è soltanto un motivo, è un insieme di piccole cose, un pensiero triste, un’insicurezza, una delusione e la classica “goccia” a far traboccare il vaso.   Torno a casa e ripenso a quel volto, a quelle lacrime.   Quante volte da piccoli ci siamo sentiti dire “Non piangere” per vari motivi, perché il contesto e il momento non erano appropriati, perché il motivo non era poi così importante, perché piangere è da deboli. ...